A Roma prima di partire dicevo a C. e Z. di quanto mi facessero paura certe sere newyorkesi. Queste, quelle passate da sola a casa nel silenzio di questa stanza che diventa piccola piccola, con un fuso orario oceanico rispetto alla parte del mondo in cui ora dormono tutte le persone che amo. Mentre ero in quella parte di mondo, il pensiero di questi momenti mi angosciava. Adesso invece, in qualche modo, con tutto il peso che ha e che è esattamente come me lo immaginavo qualche giorno prima della partenza, mi sento in tregua sapendo di essere tornata anche a questi momenti: a volte (poche) dà più paura l’immaginazione di un dolore che viverne la realtà.
Credo di dover vivere anche questi momenti, tutti quelli che saranno, anche se ne avrò sempre paura e mai tutta questa sicurezza quando si accumuleranno. In questo silenzio c’è qualcosa che mi appartiene, che mi riguarda. C’è qualcosa che devo vivere, non che debba insegnarmi nulla o rivelarmi a me stessa, non c’è molto di catartico o di poetico in tutto questo, c’è solo la sua realtà, la mia presenza materiale in questo spazio-tempo, su questa scrivania dove ho consumato una cena insulsa e appena soddisfacente mentre guardavo la prima serie tv che Netflix mi ha suggerito. C’è una fetta della vita, quella che ha meno da raccontare. Quella dove sono davvero solo io con il verde sbiadito di questa tovaglietta, le stoviglie da lavare in cucina, le coinquiline che mi evitano là fuori da qualche parte di questa casa. La luce fredda di questa lampadina così diversa da quella calda caldissima delle case dei miei amici romani, luoghi che sono un abbraccio luoghi, non fatti di travi e muri, luoghi di sorrisi del calore dell’estate quella eterna interiore della gioia di quando scarti una caramella, questa invece è una lampadina di solitudine che sta accesa per pigrizia di essere spenta, per noia, per insoddisfazione. È giusto vivere anche questo, essere qui. È naturale, anche se doloroso. Io sono anche questo, e forse soprattutto.
Domani spero di svegliarmi col sole.
Torno su questa bozza qualche giorno dopo averla scritta, proprio nel mezzo di una di quelle sere. Non so più se sia giusto, se sono poi così riconciliata con questi momenti, so che domani sarà diverso fin quando non sarà di nuovo così e che i miei pensieri cambieranno con la stessa regolarità con cui al giorno si alterna la notte. Non mi sento più di dire ma va bene così –
Ma neanche di non dirlo.

Lascia un commento